sabato 5 dicembre 2009

Desideri

Un giorno Siddharta Gotama era nella foresta e cercava di accendere un fuoco. Prese due stecchi di legno verde, tentò di sfregarli, ma non succedeva nulla. Poi prese altri due stecchi, non erano umidi, ma ancora carichi di linfa all’interno, ritentò: ancora niente. Pensò, esilarato: “Occorrono due rami secchi…” Quelle parole gli diedero una strana allegria, allusiva. Non pensava più alla sua vita di monaco errante, ma un altro ricordo, più remoto, gli apparve. Suo padre Suddhodana stava lavorando i campi, forse arava. Sotto un albero, una melarosa, la jambù, suo figlio lo guarda, abbandonato come un fagotto. E’ un ragazzo, quasi ancora un bambino. Si guarda intorno e sente la piacevolezza dell’aria, delle colline, dell’ombra, dell’erba, delle fronde. Null’altro occupa la sua mente. Il padre è assorto nel suo lavoro e non lo guarda. Nessuno lo guarda. Il mondo lo ignora. Il ragazzo muove lentamente lo sguardo su tutto. Non c’è resistenza, non c’è tensione, non c’è desiderio. Tutto è compiuto, autosufficiente. Nulla da aggiungere, nulla da togliere. La mente penetra cauta in se stessa, poi formula queste parole, quasi giocando: “Forse è questa la via del risveglio”. E una domanda si forma: “Hai paura di questa felicità?”. Poi il ragazzo divenne un uomo. Era solo e sconfortato. Pensò: “Che cosa si nasconde in questo ricordo?”, si accorse che bisbigliava due parole: “Rami secchi”. Più tardi, riprese a pensare: “Nelle dottrine che mi hanno insegnato, negli aspri esercizi, c’è ancora troppo desiderio. E’ linfa che cola. Immobili, rigidi, i sapienti vorrebbero diventare pezzi di legno. Ma è legno fradicio”. Duttile, sciolto nelle giunture, quel ragazzo sotto l’albero non voleva nulla. Ma nella sua mente si sfregavano rami secchi. Continuò a pensare: “L’accanimento non risveglia. E’ una cortina che avvolge la mente. Quando la cortina si discosta e balena la felicità, fa paura come il guizzo di un animale selvaggio. E perché quella felicità fa paura? Perché non nasce da un desiderio”.