venerdì 30 luglio 2010

I confini delle mie sensazioni

La prima certezza, che mi divenne chiara, fu quella di non avere un'esistenza descrivibile, sicura e garantita, di non avere un "io" identificabile.
I confini delle mie sensazioni erano sempre sul punto di cambiare, svanire. Quando provavo sentimenti, emozioni, curiosità, o fastidio mi domandavo sempre da dove potessero arrivare. Non fingevo, esistevano, l'uno a fianco all'altro, colui che li  provava  e colui che li osservava. Che agissi, fremessi e restassi immobile: chi ero io?
Così sentivo fiumi di sentimenti, eppure non ero propriamente io a farlo. Era una mia parvenza. Ma era una parvenza anche l'osservatore distante. Osservava in me lo scorrere delle emozioni una coscienza che non ero io, anzi era nitidamente distinta da me, quale mi conoscevo e quale apparivo esternamente: non era né me, né in me, né fuori di me.
Quanto ai pensieri che mi affollavano la mente fino a che punto erano miei? Di dove provenivano?
Né io li prendevo mai del tutto sul serio.

mercoledì 28 luglio 2010

Ricordi

Una sera, avrò avuto circa dieci anni, non riuscivo a prendere sonno,
all’improvviso nel buio sentii una mano accarezzarmi la testa,
balzai su dal letto e accesi la luce…
ma non c’era nessuno…

non significa nulla,
ma è uno dei ricordi più vivi che ho.

domenica 25 luglio 2010

La voce dell’Intrattabile

Malgrado il dolore, il disagio, i dubbi, le angosce, malgrado il desiderio di uscirne, dentro di me non riesco a smettere di affermare l’amore come un valore.
Ascolto tutti gli argomenti che i sistemi più disparati adoperano per demistificare, limitare, cancellare, insomma a svilire l’amore, ma mi ostino: “Sì certo, lo so, però…”. Attribuisco il discredito nei confronti dell’amore ad una sorta di moderna morale oscurantistica, a un realismo-farsa, alla religione della soddisfazione perenne (desidero-ottengo-utilizzo-cambio), a cui tento di oppormi.
A tutto “ciò che non va” nell’amore, contrappongo l’affermazione di ciò che in esso vale. Questa caparbietà è la protesta dell’amore: dietro il coro delle buone ragioni per amare diversamente, si fa udire una voce che dura un po’ più a lungo: la voce dell’Intrattabile.
Il mondo pone ogni iniziativa di fronte a un’alternativa: quella della riuscita o del fallimento, della vittoria o della sconfitta. Io abbraccio un’altra logica: contraddittoriamente io sono al tempo stesso felice e infelice, per me “riuscire” o “fallire” hanno soltanto un significato contingente, effimero (ma ciò non toglie che le mie pene e le mie gioie siano violente); quello che, sordamente e ostinatamente, mi anima non è affatto calcolato: io accetto e affermo, fuori del vero e del falso, fuori di ciò che è riuscito e di ciò che è fallito; non mi pongo alcuna finalità, vivo secondo il caso; se misurato non ne esco né vinto né vincitore: sono tragico.
Mi si dice: questa specie di amore non dà frutti, ma come poter valutare ciò che fruttifica?
Abbandono gravi incombenze, ragionevoli scrupoli, comportamenti imposti dal mondo, a beneficio d’un compito inutile: il Dovere amoroso. Con discrezione faccio  delle cose pazze: sono l’unico testimone della mia follia.
Quello che l’amore mette a nudo in me è l’energia. Tutto ciò che faccio è guidato da questa folle energia (posso perciò vivere lamentandomi), ma il suo senso è una finalità inafferrabile: esso non è altro che la coscienza della mia forza. Le inflessioni dolenti, colpevoli, tristi, tutto il reattivo della mia vita d’ogni giorno è sconvolto. Io sono solo con la mia energia, votato alla mia propria filosofia.

venerdì 23 luglio 2010

Teoria umorale

La vita è breve,
l'arte vasta,
l'occasione istantanea,
l'esperienza ingannevole,
il giudizio difficile.

(Ippocrate)

martedì 20 luglio 2010

La conoscenza di sé si paga

Si vive soltanto per difetto di sapere, non appena si “sa”, non si è più in armonia.
Quando si vede quale importanza assumano le apparenze per la coscienza è impossibile sottoscrivere la tesi del Vedanta, secondo la quale "la non distinzione è lo stato naturale dell'anima". La verità è che l'anima è naturalmente portata alla molteplicità.
Non è nell'inerzia che ci si uccide, ma in un eccesso di furore contro di sé, nell'esasperazione di un sentimento che potrebbe suonare così: "Non posso sopportare più a lungo di essere deluso da me stesso".
A mano a mano che  scendiamo nei nostri segreti, passiamo dall'imbarazzo, al malessere e dal malessere al disgusto: la conoscenza di sé si paga sempre troppo cara! Come d'altronde la conoscenza in genere. In un universo “spiegato” nulla potrebbe avere ancora un senso.
Non è tanto per reazione di difesa quanto per pudore, per desiderio di nascondere la loro irrealtà, che i vivi portano tutti una maschera: decisamente non è bello indugiare sotto l'Albero della Conoscenza...
Vi è qualcosa di sacro e di bello in ogni essere che non sa di esistere.
Chi non ha mai invidiato la vita vegetale ha solo sfiorato il dramma umano.

giovedì 15 luglio 2010

L'acqua, la musica, il profumo

L’acqua scende a fiumi, liberando un’infinità di profumi dal bosco, profumi che sembravano nascosti in attesa dell’arrivo dell’acqua, esistenze effimere trascinate via dalla stessa forza che le ha generate, ma che in quegli attimi sovraffollano i miei sensi, chi con dolcezza, chi con arroganza, e con una vaga inquietudine cerco di respirali tutti, come se fosse l’ultima cosa da fare, l’unica che valga la pena di essere vissuta, ma appena ne colgo uno subito un altro richiede il suo diritto di esistere e di possedermi, e in quell’orgia di odori perdo quasi la percezione di me stesso.
La memoria sovreccitata si affolla di ricordi, ogni profumo è una sensazione precisa, è una gigantesca orchestra che suona la mia anima, ma è un’orchestra dove gli strumenti non emettono suoni ma profumi, innumerevoli e sapienti dita fatte di gocce d’acqua si posano proprio sopra quei fiori o quelle foglie per ricavare quell’esatta miscela di profumi, per poi cambiare ancora e ancora, come se non avessero fatto altro per tutta l’eternità, e quei fiori e quelle foglie docili sotto la pioggia, mi regalano la loro essenza più intima, come se mi svelassero i loro più reconditi segreti.
Ma l’acqua continua a scendere anche su di me, quasi volesse sciogliermi e trasformarmi in pianta, così da poter suonare le mie foglie e far partecipe tutto il bosco anche dei miei segreti e della mia natura più nascosta
.

domenica 11 luglio 2010

Il verme nel labirinto

Non nasciamo tutti con le stesse possibilità e potenzialità.
Esistono persone che si ritrovano con un solido equilibrio psicologico, una disposizione naturale verso i valori dell’Uomo, una spontanea capacità di gestire le proprie emozioni, di relazionarsi con gli altri, insomma con una sorta di intelligenza emotiva naturale senza che gli sia necessaria alcuna fatica, ma esistono anche altri (e sono i più) per i quali ogni giorno è uno sforzo verso una meta che sanno già di non poter raggiungere, ma è nello sforzo stesso che si identificano e danno un significato alla loro esistenza.
Avevo un’ amica, si chiama L., che è già nata con queste virtù, non ha fatto alcuno sforzo per diventare quell’incredibile persona che chiunque abbia avuto la possibilità di conoscere poi ammira.
Per sua stessa ammissione lei è sempre stata così: una persona con una profondo senso dell’equilibrio, con una forza vitale, un ottimismo ed una libertà di spirito inattacabili.
Ma non ha nessun merito in tutto questo, per lei è assolutamente naturale essere così; non sa e non potrà mai sapere dell’eterna lotta che  le persone come me devono invece combattere tutti i giorni contro la propria natura per tentare di divenire degni di essere chiamati Uomini, non può capire l’angoscia della consapevolezza della propria meschinità e mediocrità e l’enorme fatica del tentativo di uscire dal buio.
Più di una volta l’ho vista giudicare, dall’alto della sua levatura morale (innata, non sudata), altre persone, senza capire che non abbiamo tutti gli stessi mezzi: un verme non potrà mai volare, ma è più ammirevole un’aquila che volteggia regalmente altissima nel cielo (senza nessun merito per essere nata aquila) o un verme che tenta disperatamente di camminare piuttosto che di strisciare?
La risposta è evidente, ma tutti continuano ad ammirare l’aquila e a calpestare i vermi (striscianti o camminati che siano).
Intendiamoci, non sto criticando L., lei ha avuto questa fortuna, per la quale immagino ringrazi il Cielo ogni giorno, ed è normale che non sia in grado di capire cosa voglia dire cercare di conquistare quello che lei ha già per nascita.
Per le persone come me, la vita è un inestricabile labirinto fatto da milioni di domande e nessuna risposta certa. Ogni tanto mi sembra di aver trovato la mia strada e la percorro con profonda sicurezza, ma dopo qualche passo i dubbi mi assalgono: ”Sto facendo la cosa giusta? Sto facendo del bene a me e alle persone che amo, oppure no? Questa strada è reale, o è solo un’illusione creata dal mio disperato bisogno di certezze?”
…e così può succedere che si cambi strada e si ricominci da capo; l’aquila dall’alto ride delle mie convulsioni dentro al labirinto, ma per me è l’unico modo in cui sono capace di vivere.

martedì 6 luglio 2010

L'anello debole della catena

Ecco, la mia anima si proietta in avanti e io volo, plano verso chiunque accetterà di credere con me. Guarda e ridi: sono io l'anello debole della catena, di ogni catena, di ogni legame, contatto, connessione o congiunzione possibile con loro, con quelli, e ora anche con te.
Ho visto dissolversi quello che c'era tra noi. Ma forse, per caso, troveremo un filone d'oro, ecco: l'avevamo quasi toccato...
C'erano dei momenti di luce, e alla fine mi ero abituato alla tua irritante onestà.
Distruggo le prove della tua esistenza, ma dentro di me esisti in un modo che mi atterrisce. Cosa ne farò ora di questa nuova esistenza che non mi vuole? Eccomi davanti a te: sono il varco nella recinzione, sono la fenditura attraverso cui l'errore, o anche solo il ridicolo, si infiltrano dentro casa.
Ma almeno nel momento del volo sono me stesso, l'"io" che dovrei/vorrei essere. Ed è un momento ricco, completo.
Poi naturalmente c'è il tonfo dell'atterraggio. Un polverone intorno e un silenzio tremendo. Mi scuoto e mi guardo in giro con cautela, comincio a gelare per il freddo che mi avvolge dentro e fuori, un freddo che solo i buffoni e gli stupidi conoscono.
Inevitabilmente sei sempre molto solo quando ritorni alla vita.
Adesso mi sento così e sono distrutto, non sopporterei uno sguardo dai tuoi occhi, perché a causa di un altro tuo sguardo decisi di buttarmi completamente.