venerdì 18 febbraio 2011

Gli artigli delle idee

La parola "idea" designa il contrario di un concetto astratto. Quest'ultimo, ripulito fino all'osso, possiede in proprio le sue designazioni e i suoi simboli: se dovessimo rappresentarlo basterebbe scegliere tra la metafora e l'allegoria.
Vissuta, sofferta, sempre presente ma raramente intravista, l'idea è invece come la linea della vita, un movimento a spirale che va dalla nascita alla morte, siamo noi stessi ed è il mondo, o meglio il nostro rapporto con esso.
I sensi, storpiati dalle nostre ignoranze e da quelle della nostra epoca, quanto dal sapere e dai miti, sono spesso muti, talvolta deliranti, ingannevolmente profetici. O, piuttosto, questi tre stati si uniscono e si condizionano circolarmente: il sentimento li penetra, essi sono ragione e conseguenza. La loro pratica restringe o dilata, a seconda delle necessità e dei fini, questo insieme confuso, oscuro a se stesso. Esso illumina l'azione e vi si iscrive; per quanto chiaro possa apparire un atto, le sue vestigia sono segnate da una insensatezza della Ragione, Ragione superata e resa prematura da un'Idea.
Se è vero che si riconosce una bestia dall'impronta dei suoi artigli, bisogna cercarne attentamente i segni.

lunedì 14 febbraio 2011

Fuga e trascendenza

Non mi rimane altra scelta che questa sorta di "passione inutile" e inopportuna che vale come fuga e trascendenza, questa passione notturna e sorda della parte per il tutto, come un vento di tenebra che soffia attraverso un cuore squarciato.
Questa trascendenza dell'ego è un poco trasgressiva: partorisce l'informe, il grottesco, che non è altro se non il rovescio della paura di fronte alla libertà del creare.
La solitudine e l'abbandono spaventano, resta così questa inquietudine dell'essere in responsabilità di fronte all'uomo, in un processo che diventa parte del gioco del vivere, avendo cura di scegliere i propri giudici! Una sorta di partita truccata che sarà la "riuscita sociale", da scambiare astutamente con una "vittoria mistica".

giovedì 3 febbraio 2011

Sulla felicità sessuale

E' decisamente falso asserire che la conoscenza sia antierotica e che la quotidianità sia destinata ad uccidere il desiderio. Il desiderio sa trovare i varchi più angusti. Ed è un inferno vivere in regime di stretta vicinanza e forzata castità con qualcuno che desideri e il contatto con il quale è di una intimità che crea dipendenza.
Ho imparato che la felicità sessuale che immaginavo, una soddisfazione costante e profonda, la fantasia romantica da cui siamo tutti ipnotizzati, è impossibile quanto l'idea di poter avere tutto quello che vuoi da un'altra persona. Ma l'alternativa: amanti, avventure, prostitute è vanamente distruttiva.
Il sopravvenire dell'amarezza e del risentimento, così come l'invidia sessuale per i giovani, richiede tutta la maturità che posso avere a disposizione, così come il capire che bisogna cercare la felicità comunque, anche a dispetto della vita.
Un tempo i miei desideri erano così forti e strani che li vivevo come una sorta di caos, li trovavo difficili da gestire e troppo complicati perché potessi goderne. Per me, desiderare qualcuno significava rimanere coinvolto in una specie di follia, una trattativa troppo serrata con me.
Oggi credo di aver capito che i miei desideri non sono altro da me, non devo scendere a patti con me stesso: io sono loro e loro sono me.