giovedì 9 giugno 2011

Noi abbiamo inventato la felicità

"Che cos'è amore? e creazione? e anelito?" così domanda l'uomo e strizza l'occhio.
La terra sarà diventata piccola e su di essa saltellerà l'ultimo uomo.
"Noi abbiamo inventato la felicità" dicono gli ultimi uomini e strizzano l'occhio.
Essi hanno lasciato le contrade dove la vita era dura: perché ci vuole calore.
Ammalarsi e essere diffidenti è ai loro occhi una colpa: guardiamo dove si mettono i piedi.
Folle chi ancora inciampa nelle pietre e negli uomini!
Un po' di veleno ogni tanto: ciò rende gradevole i sogni. E molto veleno alla fine, per morire gradevolmente.
Si continua a lavorare, perché il lavoro intrattiene. Ma ci si dà cura che l'intrattenimento non sia troppo impegnativo.
Non si diventa più né ricchi né poveri: ambedue le cose sono troppo fastidiose.
Chi vuol ancora governare? Chi obbedire?
Nessun pastore e un sol gregge: tutti vogliono le stesse cose, tutti sono uguali.
Chi sente diversamente va da sé al manicomio.
"Una volta erano tutti matti" dicono i più raffinati e strizzano l'occhio.
Oggi si è intelligenti e si sa per filo e per segno come sono andate le cose, così la materia di scherno è senza fine.
Sì, si litiga ancora, ma si fa pace presto, per non guastarsi lo stomaco.
Una vogliuzza per il giorno e una per la notte, salva restando la salute.
"Noi abbiamo inventato la felicità" dicono gli ultimi uomini e strizzano l'occhio.

(Nietzsche)

martedì 7 giugno 2011

Scepsi e scetticismo

Il vero seguace della scepsi non è scettico per pigrizia spirituale, ma perché diffida dei concetti troppo sottili e delle definizioni filosofiche e teologiche. E per tale diffidenza ha due motivi di fondo.
In primo luogo dubita che il debole intelletto umano - a meno di non essere arrogante o folle - possa avvicinarsi di più alla verità tramite l'iperesattezza.
Inoltre riconosce nel filosofo e nel teologo solo un peccaminoso desiderio di polemizzare, che rappresenta per lui soltanto una variante folle dell'incapacità di amare e delle vanità dominanti.
"Cosa c'è che vada esente da errore?"
In Erasmo la stultitia (pazzia) si rivela essere l'opposto di ciò che sembra di primo acchito: da follia del mondo diventa la saggezza stessa, quella saggezza che è più alta di ogni ragione umana, e perciò viene considerata pazzia soltanto dalla ragione umana! Anche in Nicola Cusano, e persino in Socrate, si trova la "dotta ignoranza" che sola consente di mettere in discussione il sapere razionale e la sua arroganza.
Il "profano" (in Cusano l'"idiota"), i "fanciulli" (nel Vangelo), il "sapere di non sapere" (in Socrate), sono l'essenza stessa della scepsi.

domenica 5 giugno 2011

Le bugie dei poeti

"E a volte mi capita di trovare nella mia colombaia un uccello sperduto, che non è mio e trema al tocco della mia mano. Ma che ti disse una volta Zarathustra? Che i poeti mentono troppo? Ma anche Zarathustra è un poeta. E credi tu allora che egli abbia detto il vero? E perché lo credi? La fede non mi fa beato, specialmente la fede in me. Ma posto che qualcuno abbia detto sul serio che i poeti mentono troppo: ebbene, ha ragione, noi mentiamo! Noi sappiamo anche troppo poco e non siamo bravi ad imparare, così non possiamo non mentire. E chi di noi poeti non ha mai adulterato il proprio vino?"
(Così parlò Zarathustra - Nietzsche)