martedì 30 agosto 2011

Armonia discorde

Anche il finito ha la sua poesia e il suo valore, e l'umana società il suo senso immanente, al di là dell'antitesi col mistero della trascendenza, anzi, in armonia discorde con esso.
La scepsi è un richiamo ad un pensare concreto, che ha le sue radici nell'esistenza, che accetta la contraddizione e l'irrazionalità, l'aporia e il paradosso, perché tale è l'esistenza, scissa tra radicali antinomie, che nessuna sintesi e nessun sistema concilia se non a spese della verità.
Ogni sistema di pensiero, più si fa perfetta e armonica la sua armatura concettuale, più si nega alla vita e all'esperienza, che non si lasciano rinserrare in alcun sistema logico conclusivo. Dalle maglie del sistema evade la problematicità dell'esistenza, perché la sua logica sconta il mito di una trasparente intelligibilità, in cui tutto si connette, si armonizza e si concilia, con la sua rottura, col suo naufragio, per cui ogni singola realtà è se stessa e solo se stessa con il suo destino, fuori della legge di connessione in cui il pensiero umano l'intende e la limita.
Ogni vero pensatore vive spezzando continuamente la forma nella quale il suo sistema tende a definirsi, cerca di liberarsi dell'economia mentale che tende a schematizzare la fluidità della vita.

mercoledì 24 agosto 2011

Tornare a casa

Ho sentito per radio la storia del piccione viaggiatore a cui dei bambini avevano incollato le ali per gioco, e che era dovuto tornare a casa camminando sulle proprie zampe. Aveva percorso così circa 80Km.
Aveva effettuato movimenti estranei agli uccelli. Aveva ignorato la propria natura.
In altre parole, si trattava di un'azione umana compiuta da un uccello.
Allora sorge spontanea la domanda: cos'è essenziale e cos'è circostanziale?
Nell'ambito di questa storia, l'essenziale era andare dove era necessario andare, mentre l'essere uccello, cioè il saper volare, era una circostanza che poteva sussistere ma anche non sussistere.
Piccola figura rotonda nel labirinto di un paesaggio sconosciuto, il piccione si muoveva e talvolta correva con l'intenzione di raggiungere il proprio scopo, e in tutto ciò non c'è nulla di eroico, stava semplicemente tornando a casa.

martedì 16 agosto 2011

Pura presenza

Provo un'incredibile attrazione per tutti i lavori che consistono nella pura presenza.
Lo stare come condizione meditativa. Persone che, come punti fissi, devono trovarsi in un certo luogo, osservare, mantenersi all'erta e restare fermi ai loro posti, senza produrre nulla.
Persone assunte soltanto per esserci.
Come se venissero prodotti individui destinati ad essere testimoni di sé stessi. Perché queste catalessi introspettive?
Una volta mi è capitato di osservare a lungo l'espressione del volto di una persona che, immobile, stava seduta in un'auto ferma. Poi ho visto che vicino all'auto, in piedi, c'era un posteggiatore immerso nella fissità dei suoi pensieri, e poco più in là, come pietrificato, un sorvegliante di un locale, e infine sul bordo del marciapiede, una ragazza che teneva il braccio sollevato nella speranza di fermare una di quelle vetture a cui ogni movimento era precluso. Sembrava di essere in un regno incantato. Nel senso di bloccato, non di incantevole...
E ancora: davanti ad un palazzo, accampata su cartoni, una vecchietta vendeva in silenzio pesci morti.
Neanch'io potevo spostarmi, evidentemente per non turbare la quiete che s'era creata.
Si sarebbe potuto girare un video o scattare una foto, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Di tutto questo si può dire soltanto che tutto sta in un qualche luogo, ed è come se in questo stare si rinvenisse la copula "è".
Ogni cosa semplicemente è.