martedì 16 agosto 2011

Pura presenza

Provo un'incredibile attrazione per tutti i lavori che consistono nella pura presenza.
Lo stare come condizione meditativa. Persone che, come punti fissi, devono trovarsi in un certo luogo, osservare, mantenersi all'erta e restare fermi ai loro posti, senza produrre nulla.
Persone assunte soltanto per esserci.
Come se venissero prodotti individui destinati ad essere testimoni di sé stessi. Perché queste catalessi introspettive?
Una volta mi è capitato di osservare a lungo l'espressione del volto di una persona che, immobile, stava seduta in un'auto ferma. Poi ho visto che vicino all'auto, in piedi, c'era un posteggiatore immerso nella fissità dei suoi pensieri, e poco più in là, come pietrificato, un sorvegliante di un locale, e infine sul bordo del marciapiede, una ragazza che teneva il braccio sollevato nella speranza di fermare una di quelle vetture a cui ogni movimento era precluso. Sembrava di essere in un regno incantato. Nel senso di bloccato, non di incantevole...
E ancora: davanti ad un palazzo, accampata su cartoni, una vecchietta vendeva in silenzio pesci morti.
Neanch'io potevo spostarmi, evidentemente per non turbare la quiete che s'era creata.
Si sarebbe potuto girare un video o scattare una foto, il risultato sarebbe stato lo stesso.
Di tutto questo si può dire soltanto che tutto sta in un qualche luogo, ed è come se in questo stare si rinvenisse la copula "è".
Ogni cosa semplicemente è.

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