lunedì 23 luglio 2012

La convinzione che fosse necessario spingere

Io ho intenzionalmente letto male il mio contratto. Non sono mai stato il proprietario di me stesso, ma soltanto un oggetto in prestito. Evidentemente continuo a credere in qualcosa. Sebbene mi rifiuti di ammetterlo. Ma cos'altro può spiegare la mia condotta e la mia vita? Perciò tanto vale che riconosca come stanno le cose, non foss'altro perché altrimenti non posso neppure venir descritto (non che ce ne sia reale bisogno peraltro)
Il mio comportamento implica che c'è una barriera contro la quale ho spinto tutta la mia vita, fin dall'inizio, con la convinzione che fosse necessario spingere, e che qualche cosa ne dovesse risultare. Forse che riuscissi ad un dato momento di passare dall'altra parte.
Devo aver sempre avuto questa idea... è fede? o è semplicemente un atteggiamento infantile, come quando ci si aspetta di essere amati perché si fa bene il proprio compito?


lunedì 16 luglio 2012

La linea di minor resistenza

"Di noi nessuno, credo, più ricorda quando cominciò, né di dove, esattamente; un piccolo scarto forse, una prima deviazione a evitare vampe lontane, un tronco di abete o faggio a riparo, un muricciolo di pietre, la breve spada per tre quarti nel fodero, l'occhio attento, l'orecchio ben spalancato al fragore della battaglia laggiù.
Non sempre era facile seguirla, la linea. Spariva oltre un torrente ringhioso, si perdeva nell'incavo di fossi cari al crescione e a limacciose lumache senza guscio. O perché cadeva brusca la notte. Che fare adesso? Stavamo lì attorno a magri fuochi di sterpi, malamente accampati, inquieti, la paura come rugiada sui nostri mantelli.
E noi sempre ancora a marciare, ancora talvolta a dover combattere, polverosi, ossuti, la daga incrostata, le frecce scarse nella faretra. Ma vivi, grazie alla linea di minor resistenza. Ora ne vediamo all'incirca la fine, oltre quegli ultimi cardi e più in là lo stagno immobile. E ci contiamo, noi superstiti attorno a braci decrescenti. Ci rallegriamo, la voce arrochita, prendendo spesso fiato. Qualcuno tenta le prime note di un canto, presto scoraggiato. Una lunga fuga, dice un altro, tra nebbie e sbiechi di gelide piogge e la mazza del sole, soltanto una fuga è stata tutta la nostra marcia per lancinanti strappi, disonorevoli omissioni. Ma non è stato proprio così, sempre così. C'erano tratti, anche lunghi, di pur guardinga spensieratezza, di euforico abbandono, l'ombra del pericolo rimasta indietro, quando ci pareva di correre più in fretta del sole, della vita. Un altro ride senza molta allegria, sputa sui carboni un suo dubbio di buffone: la linea di minor resistenza non è mai esistita, ce la siamo inventata per dare un senso al nostro andare, una direzione, un'idea di minimo controllo su quanto facevamo, su quel vano soffrire, quel cadere e poi ripartire a disperdere il vuoto, in qualche modo. Mai esistita ripete il guitto. Sarà. Noi lo lasciamo dire perché alla fine non ha più molta importanza capire come ci siamo veramente arrivati, allo stagno color piombo là dietro."

(Carlo Fruttero)




domenica 8 luglio 2012

Teoria del Rischio

La vita dei Paesi "civili" poggia le sue fondamenta sul rischio, poiché sopravvivono solo attraverso l'equilibrio della paura. La vita umana viene paragonata al rischio calcolato del mondo degli affari. Che poi si sa, i veri grossi affari non corrono rischi.
Tocqueville credeva che nelle democrazie moderne sarebbero diminuiti i delitti e aumentati i vizi privati. Forse avrebbe dovuto dire che avremmo avuto meno delitti privati e più delitti collettivi.
Gran parte di questi delitti collettivi sono perpetrati col preciso obiettivo di ridurre il rischio. Ora io so bene che non è cosa da niente governare questo pianeta con i suoi 6 miliardi e più di popolazione. Già il numero è qualcosa di impensabile e basta da sé a dare un'aria sorpassata a tutte le idee pratiche.
La nostra è innegabilmente una civiltà borghese, Non uso questo termine nel senso in cui l'usava Marx. Nel moderno lessico dell'arte e della religione, è borghese considerare che l'universo sia stato fatto per il nostro placido uso e consumo, e per darci conforto, comodità e sostegno.
La luce non viaggia a 300mila Km al secondo solo per permetterci di vedere mentre ci pettiniamo o per leggere sul giornale che il prosciutto oggi costa più di ieri.
Tocqueville considerava l'impulso verso il benessere come uno degli impulsi più forti in una società democratica. Non gli possiamo rimproverare d'aver sottovalutato i poteri distruttivi generati da tale impulso.

(Fonte: S. Bellow)