sabato 17 agosto 2013

Contemplare la mente egoista

 


"Tutte le sofferenze indesiderate derivano dal vostro egoismo. Sopportare i dolori provocati da armi, veleno, divinità, naga, rinascere come spiriti famelici o animali e così via, è il risultato dell'aver danneggiato altri esseri nella speranza di trarne qualche utile per la propria felicità, oppure è un effetto dell'avarizia e del trattare gli altri con disprezzo.
Allo stesso modo, soffrire per le malattie provocate dai vari umori, vento, bile, flemma e così via; aver paura dei nemici; essere coinvolti in dispute e temere persecuzioni dalle autorità; tutto ciò è dovuto esclusivamente alla vostra mancanza di auto-controllo, agli eccessi nel cibo o all'ossessione per vestiti, potere e notorietà.
Quando alla sommità delle scala sociale re, ministri e interi paesi combattono fra loro, oppure quando negli strati sociali inferiori i sudditi, le famiglie o i monaci litigano tra di loro, il responsabile di tutto ciò è sempre l'egoismo.
Non prendetevi cura unicamente di voi stessi, pensate invece: "Non mi interessa, fate quel che volete" e nessuno di questi problemi sarà temuto. Il vostro egoismo ha creato tutte queste difficoltà, provocate ad esempio da ladri, banditi e persino dai topi che rosicchiano il vostro sacco di farina d'orzo.
Se morite per una indigestione, non venite veramente uccisi dal cibo: a causa dell'egoismo avete mangiato troppo e ciò ha provocato la vostra morte. Quando siete innocenti ma vi accusano di essere dei ladri, questo è il diretto risultato karmico del danno che avete provocato ad altri con il vostro egoismo.
L'egoismo è il macellaio che uccide tutte le vostre possibilità di ottenere un'elevata rinascita o la liberazione. E' come uno scassinatore che porta sulle spalle il bottino dei tre veleni e rapina il vostro raccolto di virtù. E' come il seminatore che getta il seme del karma malvagio nel campo dell'ignoranza, raccogliendo le messi del samsara. E' un fannullone incauto che in un momento di crisi abbandonerà persino il maestro, l'abate o i genitori. E' un infelice dalle mani bucate che non ha mai acquisito qualità positive.
Vi fa sperare o temere per cose di nessun valore. Vi rende invidiosi dei superiori, competitivi con i vostri pari e altezzosi verso gli inferiori; vi rende arroganti a cause delle lodi e colmi di rabbia per le critiche.
Nel mondo è la fonte di tutto ciò che non ha valore e di ogni qualità negativa, di tutto ciò che causa sofferenza.
Ciò che da tempo senza inizio ci fa soffrire nel samsara è il nostro egoismo. Egoismo e attaccamento all'io sono due fattori distinti, ma in questo addestramento mentale vengono considerati come se fossero la stessa cosa, in quanto vi sono alcune somiglianze. In sintesi, entrambi sono la causa fondamentale di tutti i problemi. L'attaccamento all'io opera considerando il sé (la vostra sensazione di "io") come se fosse qualcosa di intrinseco e indipendente. L'egoismo opera attaccandosi a questa idea di "io" sostenendola con grande forza.
Volendo riassumere, tutti i problemi derivano da questo radicato pensiero: "voglio la felicità per me", tuttavia se non superate l'egoismo non avrete alcuna felicità. In precedenza non avete mai cercato di conoscere quale sia la causa fondamentale della sofferenza. Da questo momento in poi dovreste comprendere bene questo punto, considerando l'egoismo il vostro più grande nemico ed ostacolo."

Ciampa Tenzin Trinley Ghyatso (1878-1941)







sabato 25 maggio 2013

L'anima esige intensità

L'intelletto umano è una delle grandi forze dell'universo, non può rimanere inutilizzato senza danno.
Si potrebbe quasi sostenere che la noia di tante condizioni umane ha per fine storico di affrancare l'intelletto delle generazioni future. Ma la terribile solitudine è semplicemente il plancton di cui si nutre il Leviathano...
L'anima esige intensità. Nello stesso tempo, la virtù annoia il genere umano.
Poiché il problema ultimo, che è anche il primo, il problema della morte, ci offre interessanti alternative: o di disintegrarci volontariamente a prova della nostra "liceità", o di riconoscere che noi dobbiamo una vita umana alle ore di veglia della nostra esistenza. Senza tener conto delle ore di vuoto (dopo tutto non possediamo una conoscenza concreta di questo vuoto).
Risultato curioso dell'aumento della coscienza storica è che la gente crede che la spiegazione stia nella necessità di sopravvivenza. Si sentono in obbligo di spiegare il proprio stato. E se la vita non spiegata non vale la pena di viverla, la vita spiegata è non meno insopportabile.
"Sintetizza o perisci!" è questa la nuova legge. Ma quando tu vedi quali strani nozioni, allucinazioni, proiezioni emanano dalla mente umana, ricominci a sperare nell'aiuto divino, per sopravvivere a queste idiozie...
Ad ogni modo l'intellettuale è sempre stato un "separatista", e a quale genere di sintesi potrà mai arrivare un separatista?


giovedì 16 maggio 2013

Mi sono tolto dalla competizione dell'amore

Ci sono mattine in cui la memoria dei miei fallimenti (anche di episodi lontanissimi, tipo successi alle scuole medie) arriva a svegliarmi e la sofferenza è insopportabile.
Su quelli sentimentali ci si potrebbero fare lunghe dissertazioni, li ho dissezionati peggio di un entomologo. Aver sofferto di depressione e non essere immune da dolorose ricadute però mi ha portato anche qualcosa di positivo, il distacco. Mi sono tolto dalla competizione, probabilmente è auto protezione ma questo mi aiuta paradossalmente ad avere un atteggiamento di maggior apertura verso gli altri, ad essere più amichevole. Non desidero piacere, sono talmente provato e privo di tutto che ormai mi sono educato a non aver più desideri di alcun genere. Ho vissuto notti così fredde che mi si sono congelati persino gli istinti. Essendomi tolto dalla mischia posso permettermi il lusso di superare la timidezza, di essere gentile, perché a un certo punto scompaio, non potendomi permettere niente di più. E non mentendo a me stesso lo so da prima che non posso concedermi il lusso di relazioni troppo ravvicinate...
Per questo mi dico: vivi, vivi senza guardarti indietro, senza lasciar spazio per pensieri di fallimento, costruisci in positivo per la sopravvivenza, per uscire dalla disperazione. Solo fallo senza sognare, con i piedi per terra, conscio di quello che vuoi prima di buttare tutto all’aria. Se hai la forza per cambiare, se hai il desiderio di cambiare, se hai un’idea che vuoi realizzare, non pensare a quello che ti fa male, a quello che ti ha fatto male in passato, dimentica, copri il passato e riparti da zero, costruisci una nuova persona insieme alla nuova vita. Solo mettici management, planning e realistico calcolo delle possibilità e butta alle ortiche i sogni che non servono a niente se non a sbatterci il muso in modo doloroso, checché se ne dica.






giovedì 14 marzo 2013

Le singolarità della vita

In ogni dove sulla Terra, il modello della creazione naturale sembra essere il mare. I monti vi somigliano, lustri, a picco, e quell'altera tinta azzurra. E persino quei praticelli striminziti.
Ciò che impedisce a queste case di mattoni rossi di cadere su questi flutti lagunari è la qualità stantia dei loro interni. Se ne sente l'odore che sbadiglia attraverso i telai a zanzariera. L'odore delle anime è un sostegno per i muri. Altrimenti crollerebbero.
Non farò più niente per recitare le singolarità della vita. Viene fatto già abbastanza bene anche senza la mia personale collaborazione.


sabato 16 febbraio 2013

Un antidoto all'illusione


 

Ci piace pensare che questa sia un'epoca condannata, che stiamo aspettando la fine. Ci sono già abbastanza ragioni per aver paura senza questi giochetti futili. Spaventare il prossimo è un pessimo genere di esercizio etico.
Ma per venire al punto focale, la difesa e la lode della sofferenza ci condurranno nella direzione sbagliata e chi tra noi è rimasto fedele alla propria natura non deve cascarci. Si deve avere la forza di impiegarlo, il dolore; di pentirsi, di esserne illuminati, se ne deve avere la possibilità, il tempo.
Per i religiosi, l'amore della sofferenza è una forma di gratitudine verso l'esperienza o un'opportunità di sperimentare il male per mutarlo in bene. Essi credono che il ciclo spirituale possa essere completato nel corso dell'esistenza di un uomo, che in qualche modo metterà a frutto la propria sofferenza, non foss'altro negli ultimi momenti della sua vita, allorché la misericordia di Dio la ricompenserà con una visione della verità, ed egli morirà trasfigurato.
Ma questo è un mero esercizio metafisico.
Più comunemente la sofferenza spezza la gente. La schiaccia e si limita ad essere non illuminante.
Gli esseri umani vengono distrutti dal dolore in modo raccapricciante, quando hanno anche in più il tormento di aver perduto prima la loro umanità, di modo che la morte è una sconfitta totale. E perché non dire che le persone di potente immaginazione, inclini a sognare sublimemente e a costruirsi magnifiche finzioni autosufficienti, a volte si volgono alla sofferenza per interrompere bruscamente la loro beatitudine, così come fanno quelli che si pizzicano per vedere se sono svegli.
Io so che la mia sofferenza, se posso parlarne, è stata a volte di questo tipo, una forma più estesa di vita, uno sforzo per raggiungere una vera attenzione e un antidoto all'illusione, e di conseguenza non posso ricevere alcun credito morale.
Sono disposto, senza ulteriore esercizio nel dolore, ad aprire il mio cuore. E ciò non ha bisogno di alcuna dottrina e teologia del dolore. Di mostruosità ne ho avute finché ho voluto. Ne ho abbastanza di questa roba - basta, basta!
Io sono semplicemente un essere umano. Più o meno. Sono persino disposto a lasciare il più o meno nelle mani di qualcuno. Sono certo che saprebbe trovare una metafora bellissima anche per me. Ma non m'azzarderò mai a dare un'interpretazione della sofferenza per nessuno o invocherò l'inferno per renderci più veri.
Penso addirittura che la percezione umana del dolore sia diventata troppo raffinata.

(Herzog – Saul Bellow)

martedì 29 gennaio 2013

Una bella ambiguità

Goffo e inesatto macchinario della pace civile. Paleotecnico: un comune delitto primitivo è all'origine dell'ordine sociale.
Le nevrosi si possono valutare a seconda dell'incapacità di tollerare una situazione ambigua. Posso dichiarare, modestamente, che oggi sono molto più bravo a gestire le ambiguità. Credo di poter dire, comunque, che mi è stata risparmiata la principale ambiguità che affligge i pensatori, e cioè il fatto che le persone civili odiano e detestano la civiltà che rende loro possibile la vita.
Ciò che essi amano è una condizione umana immaginaria inventata da loro stessi e che credono essere l'unica vera umana realtà. Che bizzarria!
Ma la parte meglio trattata, la più favorita e la più intelligente di qualsiasi società è spesso la più ingrata. E tuttavia l'ingratitudine è la sua funzione sociale.
Ecco appunto una bella ambiguità da digerire.


mercoledì 23 gennaio 2013

La Morte è Dio


 

Ma qual è la filosofia di questa generazione? Non che Dio è morto, questo punto è già stato sorpassato molto tempo fa.
Forse bisognerebbe formularlo così: la Morte è Dio.
Questa generazione pensa (ed è il non plus ultra dei suoi pensieri) che nulla che sia fedele, vulnerabile, delicato possa durare o avere un suo potere.
La morte aspetta queste cose come un pavimento di cemento aspetta una lampadina che sta per cadere. Il fragile involucro di vetro perde il suo vuoto in uno scoppio; e tutto finisce lì.
Ed è così che ci insegniamo la metafisica a vicenda.
Tu credi che la storia sia storia di anime piene d'amore? Sciocco che sei! La storia è la storia della crudeltà. Abbiamo compiuto esperimenti su ogni capacità umana, per vedere quale sia forte e degna d'ammirazione, e siamo arrivati a dimostrare che non lo è nessuna.
Esiste soltanto la praticità.
E' più facile non esistere addirittura, che accusare Dio.
Molto più semplice. Più pulito.







sabato 12 gennaio 2013

Purché ci sia qualcosa di grande

Per se stesso un uomo non ha bisogno di felicità. Egli può sopportare qualsiasi quantità di tormenti - coi ricordi, con le proprie familiari malvagità, con la disperazione.
E' la storia dell'uomo non scritta, la sua vittoria non vista, la sua capacità di fare a meno d'ogni soddisfazione personale purché ci sia qualcosa di grande, qualcosa in cui il suo essere, e tutti gli esseri, possano immergersi per dimenticare se stessi.
Egli non ha bisogno di significato fintanto che tale intensità abbia vastità di raggio sufficiente all'oblio.
Perché allora essa è evidente in sé.
Essa è significato.