martedì 29 gennaio 2013

Una bella ambiguità

Goffo e inesatto macchinario della pace civile. Paleotecnico: un comune delitto primitivo è all'origine dell'ordine sociale.
Le nevrosi si possono valutare a seconda dell'incapacità di tollerare una situazione ambigua. Posso dichiarare, modestamente, che oggi sono molto più bravo a gestire le ambiguità. Credo di poter dire, comunque, che mi è stata risparmiata la principale ambiguità che affligge i pensatori, e cioè il fatto che le persone civili odiano e detestano la civiltà che rende loro possibile la vita.
Ciò che essi amano è una condizione umana immaginaria inventata da loro stessi e che credono essere l'unica vera umana realtà. Che bizzarria!
Ma la parte meglio trattata, la più favorita e la più intelligente di qualsiasi società è spesso la più ingrata. E tuttavia l'ingratitudine è la sua funzione sociale.
Ecco appunto una bella ambiguità da digerire.


mercoledì 23 gennaio 2013

La Morte è Dio


 

Ma qual è la filosofia di questa generazione? Non che Dio è morto, questo punto è già stato sorpassato molto tempo fa.
Forse bisognerebbe formularlo così: la Morte è Dio.
Questa generazione pensa (ed è il non plus ultra dei suoi pensieri) che nulla che sia fedele, vulnerabile, delicato possa durare o avere un suo potere.
La morte aspetta queste cose come un pavimento di cemento aspetta una lampadina che sta per cadere. Il fragile involucro di vetro perde il suo vuoto in uno scoppio; e tutto finisce lì.
Ed è così che ci insegniamo la metafisica a vicenda.
Tu credi che la storia sia storia di anime piene d'amore? Sciocco che sei! La storia è la storia della crudeltà. Abbiamo compiuto esperimenti su ogni capacità umana, per vedere quale sia forte e degna d'ammirazione, e siamo arrivati a dimostrare che non lo è nessuna.
Esiste soltanto la praticità.
E' più facile non esistere addirittura, che accusare Dio.
Molto più semplice. Più pulito.







sabato 12 gennaio 2013

Purché ci sia qualcosa di grande

Per se stesso un uomo non ha bisogno di felicità. Egli può sopportare qualsiasi quantità di tormenti - coi ricordi, con le proprie familiari malvagità, con la disperazione.
E' la storia dell'uomo non scritta, la sua vittoria non vista, la sua capacità di fare a meno d'ogni soddisfazione personale purché ci sia qualcosa di grande, qualcosa in cui il suo essere, e tutti gli esseri, possano immergersi per dimenticare se stessi.
Egli non ha bisogno di significato fintanto che tale intensità abbia vastità di raggio sufficiente all'oblio.
Perché allora essa è evidente in sé.
Essa è significato.