venerdì 22 agosto 2014

Aldino, aggettivo patronimico





Il più grande stampatore italiano di tutti i tempi fu indubbiamente Aldo Manuzio, detto il Vecchio, nato a Bassiano di Velletri intorno al 1450 e morto a Venezia nel 1515.

Con l'aiuto finanziario di Alberto Pio, principe di Carpi, riuscì a fondare a Venezia nel 1489 la famosa tipografia che portò la fama dell'Italia in tutta Europa.
Venne pertanto definito con l'aggettivo patronimico di aldino tutto ciò che rese Aldo Manuzio famoso nei secoli e che individua una precisa tipologia di libro uscito dalla sua officina grafica: il carattere da stampa aldino, le edizioni aldine e le rilegature aldine. Queste ultime sono distinte da due particolari elementi decorativi: il lineare (essenzialmente formato da linee rette o curve, dette filetti aldini) e l'ornamentale, costituito da foglie stilizzate, fiori e nodi, creati da piccoli ferri (detti appunto ferri aldini), il tutto impresso con lamina d'oro su cuoi di vari colori.
Le edizioni aldine, ricercatissime dai bibliofili per la loro bellezza tipografica e la loro incomparabile correttezza dei testi, sono contraddistinte dal celebre marchio dell'àncora con un delfino avvinghiato che si trova sul frontespizio.
Tra le edizioni aldine più note, ricordiamo le opere di Aristotele in 5 volumi in-folio, le opere di Virgilio in 8° del 1501, la Divina Commedia del 1502, pubblicata col titolo Le terze rime di Dante, e il romanzo allegorico Hypnerotomachia Poliphili, attribuito a Francesco Colonna.
Aldo Manuzio inventò il carattere tipografico "corsivo", che prese il nome di carattere aldino, e, fuori Italia, di italico o di lettere veneziane o cancelleresco (perché imitazione del carattere amanuense in uso nelle cancellerie dell'epoca). Si dice che Manuzio volle ispirarsi alla perfettissima scrittura di Francesco Petrarca, che lo stampatore ebbe modo di ammirare da manoscritti originali, restandone affascinato.
Tale fu il successo di questo nuovo carattere che Manuzio chiese e ottenne dal Senato di Venezia una concessione di privilegio in tutto il territorio della Serenissima.
Ancora oggi in tipografia esiste un particolare carattere da stampa tondo e corsivo detto aldino in onore di Aldo Manuzio.


domenica 3 agosto 2014

Bologna: notai e poeti, anche erotici


A Bologna, nel 1265, ricoprono in coppia la carica di podestà i due frati gaudenti Loderigo e Catalano.
Con provvedimento statutario del 26 aprile i due podestà rendono obbligatori certi registri, detti libri memorialium o memorialia communis, o più brevemente "memoriali": registri in cui ciascun notaio deve semestralmente trascrivere i contratti e i testamenti che ha erogato.
Se tra un contratto o un testamento e il successivo restano spazi bianchi, questi devono in qualche modo essere anneriti con una scrittura purchessia, per assicurarsi che in data successiva qualcuno non scriva un altro contratto o testamento, truffaldinamente.
Questo annerimento degli spazi bianchi è un fatto suggestivo. Già i monaci benedettini che trascrivevano testi nel medioevo antico, annerivano qualche spazio bianco con proprie considerazioni personali, come i ragazzi a scuola che fanno disegnini sui quaderni o sui banchi. Altri lo fanno sui muri. Si possono scoprire tante motivazioni di certi gesti. Chi ha studiato la psicologia dei solutori di parole incrociate, crede di poter dire che il piacere di questa folla solitaria stia tutta nel riempire spazi vuoti.
I notai a Bologna, nel Duecento, inventano un modo peculiare di riempire gli spazi bianchi dei memoriali resi obbligatori da Loderigo e Catalano. Ci trascrivono poesie.
Altre città dopo Bologna adotteranno l'obbligo dei memoriali, ma solo a Bologna gli spazi bianchi verranno riempiti con poesie.
Quali poesie? Prevalentemente ballate anonime, popolareggianti, facili, magari anche un po' audaci, ma anche poesie d'autore.
Nel 1287 un notaio, Enrichetto delle Querce, trascrive un sonetto (o forse lo scrive sapendolo a memoria). E' un sonetto che comincia con: "Non mi porìano già mai fare ammenda". Sappiamo con certezza il nome dell'autore: Dante Alighieri.
"Ammenda" fa rima con "Garisenda", la torre che a Bologna c'è ancora, con questo nome, al giorno d'oggi. Della torre Garisenda Dante tornerà a parlare nell'Inferno (31.136). Nel 1287 Dante ha ventidue anni.
I memoriali costituiscono dunque una rara antologia di poesie che devono godere di una certa popolarità, e, caso unico, ogni singola poesia si trova ad essere esattissimamente datata, cadendo dopo un contratto o un testamento datato. Naturalmente trattasi di data del momento in cui la poesia ha raggiunto notorietà, non di data in cui la poesia è stata composta, ma è già molto.
E' anche un modo per tenere d'occhio cosa leggevano o cosa imparavano a memoria i notai di Bologna. Nel 1282, ad esempio, troviamo due poesie notevoli per un certo erotismo. Nella prima si parla di una ragazza che vorrebbe trovare un amante. Nella seconda si narra di una donna maritata che vuole organizzare una piccola orgia con la cognata.

(fonte: G. Dossena)