sabato 17 gennaio 2015

Je suis Charlie, ovvero: esiste un Islam moderato



Io non sono cristiano. Per me la religione è sinonimo di ignoranza e oscurantismo medievale. Faccio davvero fatica a realizzare che nel terzo millennio ci siano ancora così tante persone che credano in dio. Ma tant'è.
L'umanità troverà la pace solo il giorno in cui (finalmente) spariranno le religioni dalla faccia della Terra.
Questo comunque non toglie che io accetti e rispetti le persone che decidono di dedicare la propria vita a qualcosa che nessuno può dimostrare che esista. Lo trovo pazzesco, ma lo rispetto. In fondo, se non fai del male a nessuno, sono affari tuoi.
Per inciso, io non sono ateo. Essere atei è, secondo me, un atto di fede al pari dell'essere religioso, perché così come nessuno può dimostrare che dio esiste, nessuno può dimostrare che dio non esiste. Per quanto mi riguarda mi riconosco nel pensiero di Socrate: so di non sapere.
So che non posso sapere con assoluta certezza se dio esiste oppure no, quindi non escludo a priori nessuna delle due ipotesi, ma nemmeno le abbraccio ciecamente.

Per quanto riguarda la satira, oggetto di forti critiche per un suo presunto valore offensivo, non è in realtà affatto offensiva in sé, sta al destinatario della satira capire che si tratta appunto solo di satira.
Uno dei segnali più chiari di intelligenza è proprio la capacità di saper ridere di se stessi. Una delle cause dei problemi del mondo sta appunto nel fatto che le persone si prendono troppo sul serio (un indice tra l'altro di egocentrismo).
E in ogni caso, se proprio la satira ti da fastidio, nessuno ti obbliga a leggerla!
Se a me un film non piace, semplicemente non vado al cinema a vederlo. Non posso e non devo impedire ad un regista di fare quel film, lui deve essere libero di farlo, ma io sono altrettanto libero di non andarlo a vedere.
Tu puoi fare lo stesso: non leggere la satira.
Me se invece vuoi impedire a qualcuno di farla, allora diventi un dittatore e soffochi la libertà di espressione e con lei la democrazia.
Affermare "Je suis Charlie" vuol dire essere a favore della democrazia e della libera espressione ed essere contro il terrorismo e ogni altra forma di repressione.
Il senso della vignetta con Maometto che dice “Je suis Charlie” è riconoscere che esiste un islamismo moderato che (si spera) è contro il terrorismo.




sabato 3 gennaio 2015

I Bagni di Poggio Bracciolini e le origini della psicanalisi





Baden è una città che al giorno d'oggi si trova nei confini della Svizzera settentrionale, cantone di Argovia, tedesco Aargau. Da non confondere col Baden, regione storica della Germania occidentale, né con la città tedesca che sta nel Baden e che si chiama Baden-Baden. Poi c'è una città chiamata Baden anche in Austria. In tedesco Baden vuol dire "bagni".
Nel 1416 è ai bagni di Baden in Argovia, Poggio Bracciolini, e in data 18 maggio scrive una lettera, per descrivere i bagni di Baden, ad un amico fiorentino, Niccolò Niccoli.
Lettera in latino, come tutte quelle che scrive in questi anni. Lettera divertente, che rivela un uomo pieno di curiosità. Maggiori e più minute curiosità di quante aveva rivelato il Petrarca assistendo a bagni di diverso tipo più a nord, a Colonia.
Poggio Bracciolini ha curiosità di un tipo che oggi potremmo definire antropologico, ma per lui vedere i bagni di Baden è anche una soddisfazione "umanistica".
Poggio Bracciolini ha idee chiare sull'importanza del denaro: la rinuncia alla ricchezza è rinuncia alla possibilità di operare bene e nobilmente. Su questo, ovviamente, è in aperto contrasto col suo coetaneo Bernardino da Siena, al quale non risparmia attacchi violenti.
Son le "passioni" letterarie che fanno di Poggio Bracciolini un grande nella storia dell'insulto. Le sue polemiche con i colleghi umanisti Lorenzo Valla e Francesco Filelfo sono di una violenza smisurata.
Nel 1453 torna a Firenze per ricoprire la carica di cancelliere. Ma tutto il potere è ora in mano a Cosimo de' Medici il Vecchio. La carica di cancelliere è un vuoto nome.
Nella sua villa, la Valdarnina, tutto solo tra le sue lapidi latine, Poggio Bracciolini mette insieme un libretto di stile quasi epigrafico, duro, di schegge aguzze e taglienti: Confabulationes, propriamente "conversazioni" ma in senso più vasto "frammenti di chiacchiere, battute, motti, barzellette. Titolo italiano: Facezie.
Per una nemesi singolare, le Facezie sono la sola opera a cui, presso i lettori comuni, sia raccomandata la fama di Poggio Bracciolini: sul fondamento di una aneddotica comico-pornografica.
Nelle Facezie c'è anche una vena novellistica, ma soprattutto un'analisi sagace e pungente dello spirito umano e della sua psicologia.

Questa l'introduzione scritta dall'autore stesso:

Io penso che saranno molti che daranno biasimo a questi discorsi, sia come cose di niun conto ed indegne de la gravità dell'uomo, sia perché essi vi cercassero maggiore eleganza nel dire e piú animato lo stile. Ma se io loro risponda di aver letto che i nostri maggiori, uomini di grandissima prudenza e dottrina, di giuochi, di facezie e di favole si dilettarono e non si ebbero biasimo ma lode, credo che abbastanza avrò fatto per ricuperare la loro stima. Imperocché chi vorrà credere che io abbia fatta cosa turpe imitandoli in questo, non ponendolo nelle altre cose, e dando a le cure de lo scrivere quel tempo che gli altri perdono ne le società e ne la conversazione, quando principalmente non sia questo lavoro indecoroso e qualche piacere possa dare al lettore? Ed è cosa onorevole et necessaria anzi, ed ebbero per essa lode i filosofi, sollevare l'animo nostro oppresso da molestie e da pensieri e trarlo alla gioia ed alla allegria con qualche lieta ricreazione. Però ricercare l'alto stile ne le piccole cose, o in queste che si hanno a esprimere con la parole propria e faceta, o per riferire ciò che altri disse, sembra cosa di troppa noia. Poiché vi son certe cose che non amano maggiore ornamento e vogliono invece esser dettate quali vennero da chi parlando le disse.

Giova ricordare che le Facezie di Poggio Bracciolini furono lette ed amate anche da Leonardo da Vinci.
Ne riportiamo qui una, in testo integrale (tradotto dal latino):


XXIV DI UNA FEMMINA MATTA
Una femmina del mio paese, che pareva matta, era condotta da suo marito e da' parenti a una certa fattucchiera, per opera della quale credeasi di poterla curare; e per passare l'Arno la posero a cavalcioni dell'uomo più forte; ma ecco in questa ella imprese a muoversi sulle spalle dell'uomo similmente a' cani in calore, e a gridare ripetutamente: «Io voglio l'uomo, suvvia, datemi l'uomo». E con queste parole mostrò la ragion del suo male. Colui che la portava scoppiò a rider sì forte che cadde con la donna nell'acqua; e tutti gli altri ne risero, e conobbero che a medicar quel male non eravi bisogno d'incantesimi, ma di quell'altra cosa, e con questa sarebbe ella tornata in sanità; e volti verso il marito: «Tu, dissero, sei il miglior medico di tua moglie». E se ne tornarono tutti, e dopo che il marito fu seco e la contentò, ella tornò sana di mente. Questo, del resto, è il miglior rimedio della pazzia delle donne.

Freud non ha inventato niente.